Realizzazione sito - Beppe Petrullo                                                                                                                                                                                            Fonte "Storia della Sicilia"

 
 

 

 

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Dominazione spagnola

Con la riunione delle due corone (siciliana e spagnola) ci fù un tentativo da parte dei baroni di mantenere almeno i loro privilegi ed autonomie. Nel primo periodo di dominazione la Sicilia fu vista come un perno per la politica espansionistica spagnola. L’ economia e l’arte ebbero un nuovo impulso (metà del 400). Sul lato politico alcuni provvedimenti ispanici, come l’espulsione degli ebrei voluta da Ferdinando il Cattolico (1492) e l’introduzione del tribunale del santo uffizio (1513) ebbero notevoli ripercussioni sul settore economico. Essi coincidevano con la scoperta del nuovo mondo (1492) che spostò l’ interesse ispanico non più verso il mediterraneo bensì verso l’Atlantico. La caduta in secondo piano della Sicilia creò disordini alla struttura economica ma soprattutto a quella politica che portò a rivolte popolari come quella tentata da Gianluca Squarcialupo presto soffocata con il suo assassinio. Pochi anni dopo tentavano la stessa cosa i quattro fratelli Imperatore che cercavano di creare un regno autonomo sotto la protezione della Francia. Le coste siciliane erano continuamente depredate dai turchi, diventati padroni del mare, causano ritardi e problemi al settore commerciale, e nessun vantaggio ottenne partecipando alla battaglia di Lepanto proprio contro i turchi (1571). Le città vivevano senza un ordine costituito, i baroni praticavano il sopruso, le campagne rimanevano incolte; sia Martino il giovane (1396) ed in seguito Ferdinado il cattolico (1482) e Carlo V (1535) cercavano di riportare all’ ordine il sistema ma senza riuscirci. Soltanto la chiesa riusciva in parte ad alleviare la povertà in cui era caduta la popolazione.

Crisi economica campagne, massari, sommosse popolari

Una parziale rinascita economica si ebbe a metà del 500 grazie al ravvivarsi del mercato alimentare. Anche i baroni, fino ad allora allevatori e coltivatori si dedicarono a questo mercato fino ad allora territorio di fiorentini, veneziani, genovesi e spagnoli. La rivalutazione dei prezzi, tra la fine del 1500 e la fine l’ inizio del 600 causo una crisi economica per i mercanti ed i banchieri, ma non toccò i proprietari terrieri che, anzi, videro crescere il loro potere. Nasce il sistema della masseria dove il barone dava in affitto ampi appezzamenti di terra che contribuì alla rinascita delle colture in Sicilia fino ad allora mal fruttate. Grazie al ripopolamento sorsero nuove cittadine che vivevano sotto la tutela del signore feudale; questo fenomeno durò fino alla prima parte del XVIII secolo. Per assurdo i contadini divennero più poveri a scapito dei massari che avevano tutto il commercio del grano nelle loro mani causando il fenomeno del contrabbando clandestino tra il 500 e 600 era pari a quello ufficiale e consentito. D’ inverno la popolazione clandestina per le carestie si riversava nelle città per cercare di che sfamarsi creando spesso disordini e tumulti che culminarono nel 1647 nel sollevamento popolare di Palermo represso nel sangue. A guidarlo fu prima Nino la Pelosa e poi Giuseppe D’Alesi che cercarono di inserirsi autonomamente nell' amministrazione pubblica. Non diversa fortuna ottenne il sollevamento di Messina nel 1647, anzi la città vide perdere i propri privilegi e distruggere i suoi palazzi più rappresentativi. La Sicilia era vista dunque come un territorio utile solo allo sfruttamento delle sue risorse naturali, demograficamente in tutti questi secoli la popolazione era diminuita da 1.015.875 abitanti nel 1501 a 983.163 abitanti (1714 fine dominazione ispanica).

Il Ducato di Montefeltro

Il Ducato ha il suo simbolo in Federico da Montefeltro (Gubbio 1422 – Ferrara 1482) il “Duca” per antonomasia, conosciuto in tutto il mondo per il celebre ritratto di Piero della Francesca.

Egli fu infaticabile condottiero, grande umanista, diplomatico, mecenate. Uomo religioso.

La sua corte ospita i letterati e gli artisti più famosi del tempo: Gentile Veterani, Giorgio da Sebenico, Luciano Laurana, Leon Battista Alberti, Francesco di Giorgio Martini, Donato Bramante tra gli architetti; Piero della Francesca, Pedro Berruguete, Giusto di Gand e Paolo Uccello tra i pittori.

I Signori di Urbino, “ricchi del loro” per le ben remunerate condotte militari, possono imporre poche tasse, mentre l’esercito e le costruzioni, offrono opportunità di lavoro a tutti i cittadini.

Imprenditori nel loro Stato, i Duchi partecipano alle iniziative dei “loro popoli”, potenziando le “arti minori” come quella della ceramica ad Urbino, Gubbio, Casteldurante e Pesaro.

Il popolo non avvertiva dunque la perdita della libertà ed era grato di poter lavorare e commerciare in pace e sicurezza.

Gubbio era la seconda città importante del Ducato dopo Urbino, ben costruita e discretamente popolata, una larga pianura fertile, molte colline e montagne ideali per attività agricole e pastorali, inoltre numerose botteghe artigianali e buoni traffici commerciali.

L’energica e vigile politica del Ducato, garantiva dunque sicurezza a tutto il territorio eugubino stimolando gli artigiani a prendere stabile dimora a Gubbio.

Nel 1508, l’ultimo erede dei Montefeltro, Guidubaldo I, essendo senza eredi, adottò il nipote Francesco Maria Della Rovere, parente anche del Pontefice Giulio II.

Diverso fu il modo di governare degli ultimi esponenti dei Montefeltro e dei Della Rovere: più tollerante e leggero quello dei primi, più assolutista e pesante quello dei secondi, anche i sentimenti della popolazione erano diversi, devoti e fedeli ai primi, meno affezionati e insofferenti ai secondi.